22 aprile 2017

Linguistica candida (45): "Ma mi, ma mi, ma mi..."

Comincia a percolare anche negli ambienti profani cui Apollonio appartiene la notizia che la ricerca neurolinguistica più avanzata, con i suoi sofisticati strumenti d'indagine, avrebbe ormai a portata di mano il modo di "leggere" le parole che agli esseri umani passano letteralmente per il capo, pur restando prive di manifestazione. Una variante che si dice linguistica e si prospetta come tecnologica, oltre che come scientifica, dell'eterno sogno di leggere nel pensiero, a patto che questo - si afferma - abbia preso nel cervello la forma di parole.
Apollonio non può dire se la notizia sia affidabile. Con un gioco che, come si sa, è sempre molto pericoloso, potrebbe essere bene una di quelle "balle di scienza" (così una benemerita manifestazione pisana di un paio di anni fa) che, da ambienti che appunto si pretendono (e talvolta sono) scientifici, vengono messe in circolazione per spillare quattrini a chi ha potere e danaro ed è tutt'altro che disinteressato e innocente, nei confronti della ricerca. 
Una riflessione è tuttavia già possibile, restando ai margini della questione dell'affidabilità e di altri aspetti della notizia, sui quali, caso mai capitasse, si dirà in altra occasione.
Ad Apollonio è infatti accaduto di leggere che, del risultato scientifico a portata di mano, s'immaginano già le conseguenze pratiche. 
Tra queste, un nuovo modo di praticare professionalmente un interrogatorio per ottenere dall'interrogato informazioni che egli fosse renitente a dare. Insomma, per chiamare le cose con il loro nome, un nuovo metodo di tortura. Più pulito di quelli antichi e consolidati, ovviamente. Niente corda, waterboarding o pestaggio: una banale TAC. E, con la TAC, la possibilità di "leggere" le parole nel cervello, estorcendo così l'informazione.
Un commento sorge tuttavia spontaneo, insieme con un amarissimo sorriso: sarebbe possibile estorcere l'informazione all'interrogato, sempre a condizione che costui la formulasse nel suo intimo sotto forma di parole. Ma, sottoposto all'eventuale prova, a questo punto, chi sarebbe tanto sciocco da farlo? Pensare parole, sarebbe esattamente come proferirle. 
Per sfuggire, di parole, gli basterebbe allora pensarne altre. Per esempio, potrebbe ripetersi interiormente: "Brutti figli di puttana, da me non saprete proprio nulla". Nella TAC del suo cervello, i neo-torturatori, puliti e tecnologici, "leggerebbero" così, papale papale, ciò che ai vetero-torturatori, con pieno merito, capitava e (purtroppo, ancora) capita di sentirsi dire. 
Il successo scientifico sarebbe assicurato e certamente grandioso: c'è da immaginare che la relativa ricerca neurolinguistica ne sarebbe universalmente illustrata e proiettata, perlomeno, verso un premio Nobel. Non ne sarebbero tuttavia felici i neo-torturatori. Della pasta eterna dei torturatori, anche i neo-torturatori finirebbero per adottare, ai loro scopi, i metodi vecchi ed affidabili dei torturatori di ogni tempo. Sarebbero forse ulteriormente incattiviti da un cocente rammarico: aver gettato un sacco di quattrini dalla finestra, per finanziare scientifiche fole.


21 aprile 2017

A "Tempo di libri", la "linguistica" sul mercato, la cosiddetta Legge di Gresham e Aristofane

Compare e ricompare, nelle reti sociali, la foto di un espositore di un'importante casa editrice che, tra i tanti in questi giorni disposti per la manifestazione commerciale "Tempo di libri", si afferma sia consacrato alla "Linguistica". La foto è preziosa testimonianza del tempo che stanno appunto attraversando i libri, quanto alla linguistica, dalla prospettiva del mercato.
Alla sua vista, è impossibile impedire a un aforisma di risalire dal profondo luogo della memoria dove si conservano le parole più rivelatrici. Quei libri rendono tali parole limpidamente presenti alla coscienza e, visto che appunto di faccende commerciali si tratta, proferirle diventa doveroso: "La moneta cattiva scaccia la moneta buona".
L'aforisma condensò, pare, l'esperienza del mondo di Thomas Gresham, mercante e banchiere inglese del Cinquecento: in Francia, Montaigne gli era contemporaneo e, in patria, stava arrivando il tempo di Shakespeare. Lo si ricorda qui, per richiamare, nello spirito dei due lettori di Apollonio, la consapevole maturità culturale di quel tempo, che non era appunto da poco.
In ogni caso, a Gresham il motto è attribuito. Naturalmente, quando è attribuito, perché di norma circola (si potrebbe dire: giustamente) come espressione di un'anonima saggezza, cui le temperie calamitose invitano sempre ad attingere per orientarsi con seria serenità. 
O con sferzante ironia, come, proprio comparando il corso delle monete con temi civili e culturali, fece già Aristofane, ad Atene e tra il quinto e il quarto secolo prima dell'Era cristiana. Un commediografo di un altro tempo culturalmente maturo che molto ante litteram si procurò imperitura fama d'essere politicamente scorretto e oltremodo divertente. 
In una traduzione ottocentesca, ecco in proposito un celebre passaggio delle sue Rane: "Coi probi cittadini parmi che Atene | usi come coi vecchi e nuovi nummi. | Poiché sebbene adulterati quelli | stati non sono, e sien dei nummi i primi | di conio vero e di provato suono, | fra i Barbari non men che fra gli Elleni, | pur valersen non vuol ma bensì adopra | gli altri che bronzo sono, or or coniati, | e di peggiore impronta". 
Che tempi, insomma, quelli di "Tempo di libri" (e forse non solo per la linguistica).

3 aprile 2017

Linguistica candida (44): Discreto e continuum





Val sempre la pena di tentare. Perché dietro un "discreto" non si sa, ma si può star certi che, dietro un "continuum", c'è immancabilmente (per dirlo con l'indispensabile garbo poetico della litote) un crudo difetto d'intelligenza.