26 marzo 2017

Ancora gemiti sulla decadenza (linguistica): "Ma comu ci spèrcia?"

Sopra una delle gazzette settimanali che solitamente agitano sonni e veglie del ceto intellettuale nazionale pare sia comparsa ancora una geremiade sul grave stato in cui, quanto a faccende linguistiche e culturali, versano scuola e società italiane e, con la geremiade, la consueta intemerata, ad additare colpe e responsabili. 
La notizia giunge sulla spiaggia della solitaria Citera di Apollonio, portata dalle onde delle reti sociali né se ne saprebbe dire di più a chi, peraltro, ne è certamente già meglio al corrente. Sia affidabile, la notizia, o non lo sia, poco importa: se non accade oggi, sarà accaduto ieri o accadrà domani. Il genere si è ormai istituito e non gli mancano fertili cultrici e cultori.
Impossibile, in proposito, parlare di metodo. E, d'altra parte, prima che impossibile, inutile. Bisognerebbe infatti che un metodo ci fosse, in un simile reiterato chiacchiericcio. C'è infatti il sospetto esso serva a chi vi si lancia (con il solito pretesto del bene comune e della salvaguardia di valori in pericolo) solo per dare prove di esistenza in vita. 
E ciò anche ove si tratti di gente anagraficamente lontana dal momento in cui un'esigenza del genere può diventare impellente. La vita di cui è qui questione, infatti, è quella dello spirito e il possesso di uno spirito vivente è, come si sa, la dote più millantata nei consorzi umani intellettuali, essendo quella che a tali consorzi dà appunto accesso.
Tolto il metodo, resterebbe il merito. Anche lì, tuttavia, è difficile trovare qualcosa su cui valga la pena tornare. La decadenza (culturale) è, tra i temi umani, uno dei pochi che non decade mai. Lai in proposito non sono mai mancati: di norma, si moltiplicano inoltre in temperie tanto storiche quanto delle vite individuali in cui scarseggiano attività migliori cui dedicarsi; manca cioè quasi ogni altra attività morale e materiale. 
Ne segue che la palette dei possibili accenti si può dire esaurita. Né ci si può attendere rinnovamenti dagli spiriti (la cui vitalità s'è sopra tratteggiata) che, con regolarità, consumano all'uopo il loro inchiostro.
Resta allora solo una domanda, che Apollonio considera la sua definitiva in proposito. Essa riguarda chi, indefessamente e senza ombra di metodo, ripropone un merito tanto trito e s'affanna intorno a una questione così sfacciatamente di lana caprina: "Ma comu ci spèrcia?"
E qui, c'è da credere, qualche parola di spiegazione potrebbe essere utile almeno a uno dei due lettori di Apollonio. Sotto forma di domanda retorica, si tratta infatti di un'espressione quasi formulare. Con essa, in Sicilia, si manifesta (ma anche solo nel proprio foro interiore) una stupefatta constatazione. La ispira a un osservatore di norma disinteressato chi compie atti, ha comportamenti, prende atteggiamenti la cui sensatezza sfugge alla comprensione e che paiono pertanto segnali di una perdita di controllo, di una défaillance, di un calcolo apertamente sbagliato, del poco commendevole cedimento a un impulso: 'come può essergli venuto di fare ciò che sta facendo?', 'come gli è capitato d'avere un uzzolo tanto balordo?'
Ecco: "ma comu spèrcia" ad anziane professoresse in pensione, ad accademici giovani e rampanti, ad attempati luminari di serie discipline scientifiche, ad autorevoli penne di importanti testate giornalistiche, a preoccupati guru del corrente pensiero di massa di stare lì a starnazzare pubblicamente sulle futilità della decadenza linguistica e culturale della nazione? Perché non riservano le loro reciproche parole sul tema ai loro eletti incontri privati?
Perché, con eleganza e sprezzatura, non prendono ispirazione dai grandi esempi di un passato che (come si sa) visse le sue gigantesche decadenze, stando a osservare la rovina del mondo a ciglio asciutto e labbro silente? 
D'altra parte, perché non si adoperano alacremente a lasciare tracce durature e autentiche e operose ed effettive di come sarebbe potuta andare e (per quanto pare a loro) non andrà? Perché riempiono invece i loro fogli preziosi delle bave effimere di fruste lamentele? Di rancorose rivendicazioni? Di impotenti sberleffi?
Insomma, c'è il sospetto che, con tali querulità forse un po' volgari, persino loro non siano che un sintomo (e un sintomo molto loquace) della decadenza culturale di cui, vedendola solo negli altri e dandone solo agli altri la colpa, non smettono un solo momento di lagnarsi.

24 marzo 2017

Ne dites pas à ma mère...

que je suis dans la linguistique... Elle me croit pianiste dans un bordel.

[Apollonio conosce abbastanza il suo stordito alter ego e può dire che egli mai si sarebbe atteso che disciplina e professione, ambedue molto peregrine, alle quali si votò ormai più di quaranta anni fa l'avrebbero condotto, da anziano, a condividere, certo, solo nominalmente, la gloria per la corporazione illustrata dal pezzo raggiungibile con questo link. Apollonio lo sa di conseguenza piuttosto stupefatto dalla circostanza e, a tratti, peritoso. Ma sa anche che, amaro per quanto sia, anche il suo alter ego è incline al sorriso, anzitutto su se stesso. Torna così ad adattare al caso in questione il bel titolo che Jacques Séguéla diede a un suo libro serio e divertente. Negare a ogni costo d'essere un linguista, quando fosse interrogato sul proprio mestiere. Vista la temperie, attribuirsene uno qualsiasi e certamente più onorevole. Ecco cosa bisogna che egli faccia. Se non si è bevuto il cervello, ecco cosa si può stare certi egli farà.]

21 marzo 2017

Commento poetico alla Giornata mondiale della poesia

Non si vuol dire Saffo e neppure Catullo, non Callimaco né Orazio, non Bernart de Ventadorn né Giacomino Pugliese, non Villon né Cavalcanti. Non si vuol dire Garcilaso de la Vega né Tasso. Non si vuol dire Milton né Heine. Non si vuol dire Puškin né Leopardi, non Dickinson né Baudelaire. Non si vuole dire Pascoli né Mallarmé né Rilke né Eliot né Majakovskij né Kavafis e così via. Gente troppo lontana dallo spirito di questo tempo per chiedersi che cosa mai penserebbe (e scriverebbe) se, d'improvviso, questo tempo le si parasse davanti, con le sue comicità.
Da stamane, appreso che oggi è la Giornata mondiale della poesia, Apollonio si chiede però cosa di una simile sesquipedale ridicolaggine direbbe un testimone e un poeta morto tutto sommato solo di recente: Pier Paolo Pasolini.
In pochi decenni, il mondo deve essere proprio cambiato se un impudente qualsiasi, camuffato da organismo internazionale e col séguito di folle innumerevoli, ha potuto decretare, sul finire del secolo scorso, che la poesia ha una sua giornata mondiale. 
Il mondo è cambiato, sì. E con lui devono essere cambiati i poeti (il genere è qui solo il convenzionalmente non-marcato) se, in un'occasione come questa, non indirizzano a chiunque oggi si impanca a celebratore della poesia (fosse anche un sedicente collega) una sonora e poetica pernacchia:

14 marzo 2017

Cronache dal demo di Colono (54): Il paese dei balocchi

"Il videogioco diventa adulto e conquista i quarantenni", dice il titolo di un pezzo giornalistico che compare oggi in rete. Perfetta illustrazione del principio che è la prospettiva a fare la notizia. Se i dati che l'articolo espone sono degni di fede (in proposito, difficile si raccontino bufale), da prospettiva diversa il titolo avrebbe potuto essere benissimo "I quarantenni restano adolescenti e non depongono il videogioco". Ragionevolmente, non lo depongono come non depongono altri comportamenti, altre attitudini, altre turbe di quella fase della vita: l'acume dei suoi lettori rende superfluo che Apollonio si faccia qui rozzamente esplicito, in proposito. 
Seguono, naturalmente, le speculazioni con cui il pezzo continua. Soprattutto segue il racconto delle speculazioni economiche consentite da tale estenuato permanere nell'adolescenza. Ed è autentico, di conseguenza, il tocco fornito dalla paradossale presenza istituzionale della ministra dell'Istruzione alla manifestazione di cui è infine questione. Certo, tale presenza dice anche e ancora una volta di una temperie incapace di tenere distinto il sacro dal profano (non è liquida, del resto, la società d'oggi?). L'insieme disegna (consapevolmente?) il dettaglio di un quadro. E il quadro ha per soggetto il prolungato soggiorno nazionale nel paese dei balocchi. Come tutti i soggiorni del genere, è difficile escludere esso abbia una fine ingloriosa, a volerla dire eufemisticamente.   
Insomma, la realtà supera regolarmente la fantasia, anche quella di un Collodi. Ma, per farsi superare, la fantasia è sempre in largo anticipo e dice per quale aspetto, tra i tanti possibili, la realtà finirà per superarla: di norma, sono gli aspetti più ridicoli.

9 marzo 2017

A frusto a frusto (113)





Moraleggiando, la si chiama ingratitudine. La memoria umana è però limitata e tutto, proprio tutto, come si fa a tenerlo a mente? Interviene quindi salvifico il momento di una selezione. Forse inconsapevole. In ogni caso inappuntabilmente calibrata. 

6 marzo 2017

Cronache dal demo di Colono (53): Il declino dell'italiano

Istat: Italiani più vecchi e in calo: ecco la constatazione che non si trova nelle geremiadi sul declino dell'italiano. Invece vi dovrebbe figurare e come principale. 
Il numero di parlanti italiani la cui espressione è o sarà presto lambita dai guasti dell'età è ormai imponente. E sui cento sotto i quattordici anni, eventualmente sgrammaticati, incombe il peso dei più di centosessanta avviati più o meno rapidamente verso un'espressione senilmente demente.
A confronto, accenti e apostrofi giusti, congiuntivi ineccepibili, impeccabili cascate di subordinate e tutta la panoplia dell'eleganza e del garbo che, tra i giovani, si presumono (e forse sono) perduti sono quisquilie: credano ad Apollonio i suoi due fedeli lettori. 
In funzione di tali quisquilie, capita del resto si diletti a indignarsi (e pour cause) una parte della nazione già in grave sospetto di decrepitezza e, quanto alle cose che contano sul serio, ineluttabilmente la meno determinante. 
Non sarà da essa, infatti, né dai suoi estenuati spiriti che la viva espressione italiana del futuro prenderà la forza e lo slancio per continuare a esistere, se mai li prenderà.