4 agosto 2016

Raf, Ron e il Gattopardo

"...i cani: Fufi, la grossa mops della sua infanzia, Tom, l'irruente barbone confidente ed amico [...], le zampe carezzevoli di Pop, il pointer che in questo momento lo cercava sotto i cespugli e le poltrone della villa e che non lo avrebbe più ritrovato": poche righe tratte dalla Parte settima del Gattopardo. Fabrizio Corbera, morendo e dopo aver detto tra sé di Tancredi, trova ironica consolazione nella memoria dei suoi cani: Fufi, Tom, Pop.
C'è una sagra paesana, tra pochi giorni, in un angolo di Sicilia. Ne dice, eloquentemente, questa immagine:


Ad Apollonio, come ricordano forse i suoi due lettori, le curiosità dell'onomastica (letteraria) non sono indifferenti. E memore del passaggio citato in esordio, non può trattenersi dal pensare che colui il cui nome viene preso a pretesto per organizzare la festa (ovunque egli si trovi, in questo momento) starà chiedendosi, con un sardonico sorriso, di qual razza mai siano, tra gli altri, il Raf e il Ron che nell'occasione ustoleranno.


2 commenti:

  1. Vince chi aveva puntato sulla propensione partigiana d'Apollonio per i felini di casa, ad aver prima d'ora letto bene neppure mai nascosta peraltro. Nell'affilare l'ironia sua fino a farla letale, come ammettiamolo si doveva qui, è ai cani ch'egli si volge.

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  2. Apollonio Discolo8/8/16 17:50

    Dice ironia, solidale Lettore? Allo spirito stordito di Apollonio era sembrato, pensi, d'essere stato soprattutto filologico. Nell'universo di Lampedusa, in cui molto risponde a un'armonia sistematica che sublima l'accidente (non le pare una definizione dell'opera d'arte?), i nomi propri di tre lettere compaiono e sono appunto nomi di cani. Donde la domanda. Lo si ammette, retorica.
    Del resto, sfortunato romanziere, il povero Lampedusa. Finito oggi a far soprattutto da pretesto a sagre paesane e a velleità turistico-diportive di villaggi che si contendono il ruolo di quella Donnafugata che egli definì irredimibile. Ed è questa l'ironia. L'ironia dei fatti, non quella di Apollonio. Un'ironia che, a ben vedere, Lampedusa deve essersi meritato: "a ciascuno il suo", appunto.
    Sì, Apollonio inclina al gatto né lo ha mai celato. L'ultimo che gli fu domestico, meglio, l'ultima, la confidò a chi venne ad abitare una casa che egli lasciò or sono quasi cinquanta anni. Da allora, il gatto, per Apollonio, è un'idea.

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