9 ottobre 2015

La bolla speculativa della parola edificante

C'è un gran proliferare di parole edificanti nell'ambiente intellettuale degli ultimi decenni e non c'è più quasi nessuno che apra bocca o prenda una penna, senza che si atteggi a farlo per nobili fini di costruzione e di elevazione morale dell'umanità (o di ogni altra porzione dell'umano consorzio). 
Per similitudine, il caso materiale dell'intensa edificazione del territorio dovrebbe mettere in guardia.
Dovrebbe insinuare il sospetto che, anche a fondamento di un'edificazione morale frenetica come è la presente, ci sia anzitutto un'attitudine speculativa (a rischio di rivelarsi una bolla, quindi) e che chi edifica e, sul già esistente, prospetta elevazioni, per ipocrisia o per insipienza e in barba al bene comune, persegua in realtà privati tornaconti, consensi facili e plaudenti, modeste prebende e premi che, date le ristrettezze dei tempi, sono necessariamente miseri. 
Le sue edificazioni ed elevazioni morali devastano frattanto l'ambiente spirituale, che in essenza è invece vario e composito e da cui spontaneamente, senza che nessuno voglia, sappia o possa indurla, nasce l'intelligenza, come del resto dal materiale e naturale (e non dalle speculazioni edilizie) nasce la vita.
E con l'intelligenza, salvandosi da edificazioni ed elevazioni, sbocciano come profumati fiori di campo anche pensieri probi e, talvolta, persino quella buona letteratura che appunto non è mai stata, non è né mai sarà parola edificante. 

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