13 febbraio 2015

A grande richiesta... Trucioli di critica linguistica (2): San Valentino



Tra le giornate celebrative inventate dalla modernità putrefatta, solo alla festa della mamma si potrà concedere d'essere più stucchevole della festa degli innamorati. Anche in occasioni del genere, guizza tuttavia l'inquietante fiamma dello spirito e se ne fa occasione, salvifica, l'angelica presenza del danaro, segno ammonitore del mercato connaturato con ogni commercio tra gli esseri umani. Ovviamente, di quello dell'eros ma, quando è il caso, anche di quello dell'amore materno. Il mercato più diabolico è infatti quello che fa di tutto per nascondere di esserlo e spaccia a prezzi stracciati buoni sentimenti e migliori intenzioni, merce insomma velenosa e perversa.
Del mercato e del danaro, come è noto, la pubblicità fa letteratura. Come se ne fa mercato, si può fare infatti letteratura di ogni aspetto della vita. E al pari d'ogni altro prodotto dell'attività umana, la letteratura che la pubblicità fa del mercato e del danaro si distribuisce sopra i diversi gradi di una scala di valori. La gran parte della letteratura che secernono i creativi delle agenzie di comunicazione si addensa naturalmente su quelli più bassi, melensi e corrivi. Ma si dirà diversamente di quella che si deve a poeti (il povero Prévert incluso) e romanzieri?
Non è forse questo il caso della campagna 2011 di una multinazionale rappresentata in Italia da un'azienda cioccolatiera che fa tradizionalmente buoni affari per il giorno di San Valentino. O meglio, non è forse questo il caso del pay-off di tale campagna, osservato dalla modesta specola di chi si occupa di lingua.
Esso suona "Chi ama, Baci." e ha l'asseverativa andatura dei proverbi e delle massime di comportamento. L'enfatica menzione del nome del prodotto, Baci, vi lascia occhieggiare la modalità imperativa caratteristica di tal genere di comunicazione. Lo fa in maniera oltremodo accattivante e che suscita una speciale attenzione. La sollecita infatti al livello generale (e quasi irriflesso) della nativa competenza (meta)linguistica dei suoi destinatari.
L'effetto di straniamento è sottile. L'ingenua credenza che, in italiano, nomi e verbi siano sempre ben distinti ne viene sommossa e si rivela (senza che di necessità ce ne sia finale piena consapevolezza) che le parole hanno sì significato e forma ma che ambedue dipendono da valori combinatori e funzionali.
In corpore vili, la spiegazione viene dal creativo di un'agenzia di comunicazione. E a darla, lo ha spinto il danaro di un committente che intende così lucrare ancor meglio sulla stupidità della festa degli innamorati. Apollonio non si sente di escludere che l'uno e l'altro siano non solo epistemicamente ma anche eticamente più commendevoli di molti tra coloro che riempiono di corrività dottrinali i libri che occupano scaffali interi di biblioteche e di librerie.

[14 febbraio 2011]

1 commento:

  1. Direi piuttosto a chi la "beve"... "Chi ama, Abbraccia"

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