3 giugno 2010

Pace (e guerra)

Questa foto circola in rete. "Pacifisti, di ritorno a Istanbul": è più o meno la glossa che le riservano i mezzi di informazione che la pubblicano. Il riferimento è ai tragici fatti accaduti un paio di giorni fa, nelle acque di Gaza, che hanno visto morire una decina di esseri umani. Valeva evidentemente la pena morissero perché, ridendo, si alzassero due dita aperte in segno di vittoria. Vittoria su cosa?
Niente di nuovo, naturalmente. Pace e guerra (come amore, odio, solidarietà etc.) sono tra le parole che si prestano meglio a ogni mistificazione e non c'è stata epoca in cui a qualcuno non è venuto in mente di mettere in guardia gli esseri umani da tale loro capacità trasformistica (che dell'espressione umana è risorsa e bellezza). Mettere in guardia inutilmente: è ovvio. Talvolta vestiti da agnelli, talaltra da lupi, gli esseri umani sono ciò che sono: la loro espressione, i loro ghigni, i loro gesti ne celano la natura. Celandola, ne rivelano sempre però il turpe celamento.

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